Tra le novità previste dalla nuova Legge di Bilancio c’è Iscro, il nuovo ammortizzatore sociale per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’Inps.
Si parla molto della sua istituzione, perché questa indennità di continuità reddituale e operativa va a coprire una fascia di lavoratori – i professionisti senza cassa – che restava esclusa dal welfare pubblico.
Una buona notizia, dunque, anche se sono diversi i limiti che restringono la platea dei beneficiari di questo ammortizzatore sociale. La sua istituzione, poi, porta con sé l’aumento delle aliquote contributive degli stessi lavoratori autonomi, necessario a finanziarla.
Vediamo nel dettaglio come funziona Iscro e quali sono i punti di forza e le criticità di questa indennità.
Chi può chiedere Iscro: tra i requisiti, redditi non superiori a 8.145 euro
Nonostante sia stata pensata per allineare le tutele sociali previste per il lavoro autonomo a quelle garantite al lavoro dipendente, per ora l’indennità è stata istituita in via sperimentale solo per il triennio 2021-2023. Ad oggi non è dato sapere se, finito questo periodo di sperimentazione, sarà prorogata, modificata o semplicemente annullata.
Per finanziarla, l’Inps ha a un tetto di spesa di 70,4 milioni di euro per il 2021, 35,1 milioni per il 2022, 19,3 milioni per il 2023 e 3,9 milioni per il 2024.
Possono accedervi i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo diverse dall’esercizio di imprese commerciali, compreso l’esercizio in forma associata di arti e professioni iscritti. Ma non basta essere un autonomo iscritto alla gestione separata per poter ricevere l’indennità. In base alle indicazioni governative su come funziona Iscro, bisogna, infatti, soddisfare alcuni requisiti:
- aver prodotto un reddito da lavoro autonomo, nell’anno precedente la presentazione della domanda, inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti l’anno anteriore la presentazione della domanda;
- aver dichiarato nell’anno precedente alla presentazione della domanda un reddito non superiore a 8.145 euro;
- risultare in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
- essere titolari di partita Iva attiva da almeno quattro anni alla data di presentazione della domanda per l’attività per cui si richiede l’Iscro.
Come funziona Iscro per chi ne è beneficiario
Entriamo nel dettaglio di come funzione Iscro per chi è in possesso dei requisiti. L’ente erogatore è l’Inps, che conferisce l’indennità, completamente esentasse, per una durata di sei mensilità. La prestazione potrà essere richiesta una sola volta nel triennio 2021-2023: la copertura, dunque, è limitata nel tempo. Se le richieste fossero talmente numerose da far prospettare il superamento del limite di spesa, saranno bloccate le autorizzazioni all’accesso del beneficio.
L’importo è pari al 25% dell’ultimo reddito certificato dall’Agenzia delle entrate sulla base del semestre precedente. In ogni caso, l’Isco non può superare il limite di 800 euro mensili e non può essere inferiore a 250 euro mensili (valori annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati rispetto all’anno precedente).
Il beneficio spetta a decorrere dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda. Non prevede accredito di contribuzione figurativa utile ai fini previdenziali: il lavoratore dovrà dunque provvedere autonomamente a versare i contributi in modo volontario oppure restare con un vuoto contributivo.
Nel caso in cui si chiuda la partita Iva prima della fruizione dell’intero beneficio, si ferma anche l’erogazione dell’indennità.
Per finanziare Iscro crescono le aliquote contributive
L’introduzione di Iscro non è a costo zero per la categoria che potenzialmente può beneficiarne.
Per finanziare questo ammortizzatore sociale, infatti, è stato previsto l’incremento dell’aliquota contributiva versata dagli autonomi con partita IVA iscritti alla gestione separata. Viene, infatti, aumentata, l’aliquota dovuta alla gestione separata dell’Inps di 0,26 punti percentuali nel 2021 e di 0,51 punti percentuali per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Si passa così dal 25,72% attuale al 25,98% nel 2021, per poi crescere al 26,49% nel 2022 e quindi al 27% nel 2023.
L’erogazione del beneficio è inoltre accompagnata dalla partecipazione a percorsi di aggiornamento professionale, la cui definizione è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. L’Anpal (Agenzia nazionale politiche attive per il lavoro) provvederà a monitorare la partecipazione ai percorsi di aggiornamento da parte dei beneficiari.
Una valutazione complessiva della nuova Iscro si potrà fare il prossimo anno quando, numeri alla mano, si capirà quanti avranno avuto accesso al beneficio e con quali importi medi. Sulla carta, l’indennità presenta luci ed ombre.
Resta positiva la sua istituzione, quale prima forma di supporto pubblico ad una categoria altrimenti esclusa. Dall’altra parte, sia per la durata di soli 6 mesi che per i vincoli sugli importi, sembra difficile immaginare che possa sostituire le forme di integrazione del reddito realizzate attraverso la gestione del risparmio o le soluzioni assicurative studiate per coprire periodi di incertezza lavorativa.
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