Le pensioni del 2021 non subiranno variazioni significative in termini di importi, poiché si prevede un tasso di inflazione pari allo 0%. Lo ha comunicato l’Inps tramite la consueta circolare di fine anno (148/2020), con cui ha definito gli adeguamenti delle prestazioni previdenziali e assistenziali all’inflazione.
Questa operazione comporta, ogni anno, leggeri ritocchi in positivo o in negativo alle erogazioni previdenziali, necessari per tenere ancorati gli assegni all’andamento dell’economia e mantenere il potere d’acquisto.
Pensioni del 2021: come cambieranno gli importi
A fine anno, l’Inps indica le future modifiche delle pensioni in base a due indicatori:
- il tasso d’inflazione atteso per l’anno successivo;
- il consuntivo dell’inflazione registrata nell’anno in corso.
Per quanto riguarda le pensioni del 2021, la previsione attesta un’inflazione dello 0%. Vuol dire che i prezzi medi del paniere Istat non crescono e, di conseguenze, che non è necessario adeguare i vitalizi al costo della vita. Si tratta di un segnale di “malessere” dell’economia a livello nazionale che incide sulle pensioni, facendo sì che non si verifichi alcun incremento.
Per quanto riguarda il 2020, il tasso di inflazione definitivo è risultato pari allo 0,5% rispetto allo 0,4% previsionale applicato dal 1° gennaio 2020. Ciò vuol dire che l’Inps erogherà un incremento dello 0,1% in più rispetto a quanto percepito fino al 31 dicembre 2019, versando a gennaio gli arretrati del 2020.
L’incremento dello 0,1% equivale in media a circa 12-15 euro lordi, cioè 1 o 2 euro al mese. La variazione, tuttavia, non viene applicata a tutti allo stesso modo, ma è adeguata agli importi percepiti. L’adeguamento sarà al 100% per chi è in una fascia fino a 4 volte il tetto minimo (in sostanza da 0 a 2.054 euro circa), mentre saranno applicate percentuali decrescenti man mano che l’assegno diventa più cospicuo.
Contributo di solidarietà: i tagli del 2021
Per gli importi pensionistici più elevati, nel 2021 sono confermati i tagli previsti dalla legge di bilancio 2019, che ha stabilito tagli per i 5 anni successivi. Questo contributo di solidarietà fa seguito ai precedenti introdotti sin dal 2011, con fortune alterne in termini di sentenze della Corte Costituzionale.
La norma prevede che il contributo sia articolato su prelievo progressivo in cinque fasce a partire dagli assegni superiori a 100mila euro lordi l’anno, con riduzioni più impattanti al crescere del valore dell’assegno. Sono coinvolti i trattamenti pensionistici erogati all’Inps, in particolare per la parte calcolata con il metodo retributivo (sono escluse le pensioni interamente contributive).
Per quanto riguarda gli importi, sopra i 100.200,01 euro, la sforbiciata sarà del 15%; sopra i 200.400,01 euro sarà del 30%. Si sale a -35% per al quota che eccede i 350.700,01 euro ed al 40% sopra i 501.000 euro.
Il 2021 sarà l’ultimo anno di applicazione di questo contributo, perché la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima l’estensione per 5 anni del contributo di solidarietà, riducendo il periodo di applicazione al 2021 invece che al 2023. Non è escluso che il Governo possa però intervenire con un nuovo contributo di solidarietà. Proprio nelle scorse settimane, l’Ocse è infatti intervenuta per lanciare l’allarme sulla sostenibilità dell’intero sistema previdenziale, perché, a causa di Covid-19, si stanno riducendo i contributi versati. Se tale trend dovesse essere confermato, non si può escludere l’adozione di nuove misure, sia sul fronte delle entrate che su quello delle uscite, per tenere in equilibrio il sistema.
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