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Integrare la pensione: pochi ci pensano, ma il rischio è di trovarsi con la metà dello stipendio

I lavoratori di oggi rischiano di percepire un vitalizio che varrà il 50% del reddito da lavoro. Eppure solo il 23% degli italiani provvede a risparmiare in ottica previdenziale, e non sempre a sufficienza.

Ritrovarsi da un giorno all’altro con metà dello stipendio a cui si era abituati, dopo una vita di lavoro: è lo scenario a cui vanno incontro milioni di lavoratori che, per inconsapevolezza, non provvedono ad adottare soluzioni per integrare la pensione.

Secondo lo studio realizzato da Progetica e Moneyfarm, presentato il 27 ottobre in occasione dell’evento «Pension: (Im)possible. Come centrare l’obiettivo della pensione», i nati nel 1990 potrebbero arrivare a percepire meno del 50%, ovvero meno della metà di quanto ricevuto durante la carriera.

Nulla fa pensare che le cose possano migliorare, eppure solo pochi italiani hanno iniziato a pensare al proprio futuro previdenziale, con soluzioni che consentano di accantonare risparmi per integrare la pensione.

In pensione con il 50% del reddito

Lo studio esclusivo di Progetica ha analizzato 8 profili rappresentativi di 3.251.626 cittadini italiani. Si tratta di uomini e donne nati nel 1960, nel 1970, nel 1980 e nel 1990, che hanno oggi dunque 60, 50, 40 e 30 anni.

Dai risultati dell’analisi – riportata anche da autorevoli testate giornalistiche come il Corriere della Sera – emerge che la stima dei valori delle pensioni medie nette oscilla tra i 1.227 euro delle donne quarantenni e i 1.560 euro degli uomini sessantenni, con una media complessiva per gli 8 profili di 1.337 euro netti al mese.

Per quanto riguarda il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra ultimo reddito percepito e pensione, ammettendo una tipologia di lavoro continuativo con versamento dei contributi regolare a partire dai 25 anni, i nati nel 1960 percepiranno mediamente il 71% dello stipendio. Per i nati nel 1990 si può arrivare addirittura al 48%. In ogni caso, si è al di sotto del tasso di sostituzione dell’80%, previsto dal metodo di calcolo retributivo.

Emerge anche una disparità di genere, con un gap tra uomini e donne che è in media del 20%. La stima è di una pensione media di 1.438 euro per gli uomini e di 1.236 euro per le donne.

Tutte queste previsioni riguardano i lavoratori dipendenti. Per gli autonomi ed i professionisti, la situazione potrebbe essere peggiore in virtù dei redditi imponibili inferiori, della minore aliquota contributiva e della maggiore discontinuità durante il percorso lavorativo.

Integrare la pensione: perché è necessario

Alla luce di questi dati, che sono una conferma di quanto già evidenziato da studi precedenti, diventa evidente l’importanza di risparmiare in ottica previdenziale, partendo dall’assunto che non sarà possibile tornare a pensioni più generose.

Sull’importo del vitalizio incidono, in effetti, diversi fattori. Innanzitutto, il metodo di calcolo che, per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, sarà totalmente contributivo. Ciò vuol dire che saranno considerati solo i contributi versati, con l’effetto che faranno media anche i periodi di “vuoto”  contributivo (disoccupazione) e quelli in cui si sono versati pochi contributi (ad esempio, ad inizio carriera). Si tratta di una netta differenza rispetto al calcolo con metodo retributivo, con cui la pensione era calcolata sulla base del reddito degli ultimi dieci anni, indipendentemente dai contributi versati.

Conta, inoltre, anche l’andamento dell’economia, perché il metodo di calcolo prevede la rivalutazione dei contributi in base all’andamento del Pil. Con una crescita ferma a zero, o addirittura in recessione, non si potrà contare su una rivalutazione sostanziosa.

Pesa, infine, l’età anagrafica, perché l’assegno cresce all’aumentare dell’anzianità. Questo, però, porrà i lavoratori sempre di più davanti ad un bivio: andare in pensione anticipata (62-63 anni) rinunciando ad una parte di vitalizio, o restare al lavoro fino a quasi 70 anni per poter avere l’assegno intero?

Tutti questi aspetti sottolineano quanto sia importante pensare sin da giovani ad integrare la pensione, per evitare di trovarsi con un reddito ridotto e  dover rinunciare ad anticipare l’uscita dal mondo del lavoro.

Eppure, secondo Progetica, solo 1 italiano su 4 ha aderito a forme di previdenza complementare. Decisamente troppo poco, visto che un’intera generazione di lavoratori rischia di dover vivere da pensionato con metà del reddito a cui era abituato. Ecco perché è fondamentale fare sin da giovani una pianificazione di medio e lungo periodo, supportata da consulenti professionisti e qualificati, per poter accantonare le risorse necessarie ad integrare la pensione, bilanciando obiettivi futuri con le disponibilità del presente.

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