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Quanto costa il conto corrente: in 20 anni, risparmi dimezzati

Con l'emergenza sanitaria si è registrata una nuova corsa ad immobilizzare i risparmi sul conto corrente. Tuttavia, l'idea che questa scelta non comporti conseguenze non è corretta: in realtà, nel lungo periodo si perde potere d'acquisto.

Cifre record per la liquidità immobilizzata, ovvero lasciata su strumenti che non danno rendimento, come i conti correnti. Secondo i dati pubblicati da Abi (Associazione bancaria italiana), da febbraio ad agosto il totale delle disponibilità liquide negli istituti di credito è aumentato di 109,69 miliardi, portando il saldo alla cifra record di 1.672 miliardi.

Il confronto tra i mesi clou della pandemia e quelli dell’anno precedente rivelano un ruolo chiave proprio dell’emergenza sanitaria. Ad aprile, la liquidità depositata in banca era cresciuta del 6,7% rispetto al 2019, a maggio del 7,5%, a giugno del 6% (il calo della curva ha riacceso probabilmente un po’ di fiducia), a luglio del 7,7%, fino al 7% in più di agosto.

Il trend evidenzia che le famiglie italiane, già tradizionalmente molto conservatrici nella gestione dei risparmi, si sono rifugiate ancora di più nel conto corrente a fronte dell’incertezza. A quale prezzo? Davvero non si perde nulla quando si immobilizzano i risparmi?

Quanto costa il conto corrente: il valore dei risparmi ridotto del 50% in 10 anni

Se la scelta di mettere tutto in standby in attesa di capire cosa succede può essere comprensibile nel breve periodo, guardando al medio e lungo termine rischia di diventare poco efficiente.

I conti li ha fatti il Corriere della Sera che, in un’analisi molto puntuale, spiega che “i risparmi, se immobilizzati in strumenti infruttiferi (come i conti correnti), tendono a perdere valore nel tempo, in modo costante, solo per effetto dell’inflazione“.

Per fare un esempio, “considerando la media degli ultimi 20 anni dell’indice dei prezzi al consumo, pari all’1,7%, 10.000 euro depositati nel 2000 su un conto corrente oggi varrebbero 7.138 euro, quindi circa il 30% in meno (2.862 euro in termini assoluti)“.

All’onere dell’inflazione si devono aggiungere anche i crescenti costi di gestione applicati dagli istituti di credito. Sempre secondo quanto riportato dal Corriere, oggi per una famiglia con uso medio si attestano a 146 euro l’anno contro i 94 del 2010.

Tornando ai nostri 10.000 euro depositati nell’anno 2000, “ipotizzando un costo medio del conto di 100 euro l’anno, oggi ci si ritroverebbe con una giacenza di 5.426 euro (-45,74%). A questo si aggiunge poi il mancato guadagno per non aver investito i propri risparmi: negli ultimi 20 anni, azioni e obbligazioni hanno offerto un rendimento reale (al netto dell’inflazione) annualizzato rispettivamente del 5,20% e 2 per cento“.

In pratica, dei 10.000 euro è rimasta circa la metà, vanificando il senso stesso del risparmio che implica la rinuncia a utilizzare oggi le risorse per ritrovarle nel futuro, incrementate.

Pianificazione e diversificazione contro l’emotività

L’incremento della liquidità mantenuta su strumenti infruttiferi era stata in parte prevista dagli osservatori all’inizio dell’emergenza perché, in situazioni di grande cambiamento, l’emotività tende a prevalere in chi si occupa in autonomia della gestione dei propri risparmi.

Proprio per evitare di assumere decisioni dettate dal sentiment del momento, è fondamentale pianificare la gestione dei risparmi, operazione che implica la capacità di bilanciare gli obiettivi di breve, medio e lungo periodo.

Pianificare significa avere una visione globale e di ampio respiro di necessità e risorse nel corso della vita, utilizzando la pluralità di strumenti che il mondo finanziario ed assicurativo mette a disposizione.

Pilastro della pianificazione è la diversificazione, che consente di ripartire il proprio patrimonio tra strumenti diversi (compresa la liquidità, se lo si desidera) per mantenere un equilibrio generale del portafoglio, in linea con il profilo del risparmiatore.

Ad esempio, in una situazione di incertezza come quella dell’emergenza sanitaria, una delle motivazioni che spinge ad accantonare risparmi sul conto corrente è quella di avere a disposizione risorse fruibili in caso di perdita del lavoro. Tuttavia, questa necessità potrebbe essere superata in modo più efficiente con una soluzione assicurativa destinata a coprire questo rischio, liberando i risparmi per altri scopi.

La crescita della liquidità infruttifera in questo periodo di emergenza implica che c’è ancora poca consapevolezza del ruolo della pianificazione, mediata da consulenti professionisti ed indipendenti, che può invece far la differenza: il rischio, è di rendere vani i sacrifici affrontati per risparmiare.

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