In uno scenario in cui gli scarsi rendimenti hanno ridotto l’appeal dei titoli di stato e la volatilità dei mercati crea timore, l’economia reale può rappresentare un’alternativa per chi vuole investire i propri risparmi.
Con i PIR, Piani Individuali di Risparmio, il legislatore ha voluto incentivare questa strada.
Per legge, infatti, i PIR devono investire almeno il 21% nelle PMI, che sono il cuore del tessuto economico italiano.
Il legame tra economia reale ed economia finanziaria
Si parla di economia reale per indicare l’insieme delle attività collegate alla produzione e distribuzione di beni e servizi. L’economia finanziaria, invece, si occupa di reperire i capitali necessari al funzionamento di un’attività economica reale.
I fondi raccolti da investitori istituzionali e privati arrivano all’impresa tramite strumenti finanziari, come obbligazioni societarie, azioni, titoli per le aziende quotate in borsa, e sono utilizzati per fare investimenti e far crescere la produttività aziendale.
Il denaro torna così al sistema finanziario sotto forma di rendimento, restituzione di prestiti, interessi, spese.
I PIR si focalizzano sulle PMI, che sono una parte dell’economia reale. Si tratta di imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
Attraverso i diversi strumenti finanziari contenuti nei PIR, si può scegliere di destinare i propri risparmi alle PMI, in cambio di un rendimento.
Ma perché dovrebbe essere conveniente investire in questo ambito?
In generale, chi vuole valorizzare i propri risparmi guardia principalmente a due cose: il rischio e il rendimento. Vediamo quali risposte offre l’economia reale relativamente a questi due elementi.
Investire nell’economia reale: quali prospettive?
Il rischio per un investimento nell’economia reale è legato all’andamento dell’attività dell’azienda di cui si possiede un’obbligazione o un titolo.
Per quanto riguarda le PMI, possiamo dire che lo scenario, almeno a livello macroeconomico, è molto positivo.
L’Italia ha il maggior numero di PMI manifatturiere in Europa e 6 dei primi 10 distretti in Europa per valore aggiunto sono in Italia.
Secondo l’Eurostat, le PMI italiane guidano l’export, con un effetto traino molto superiore alle piccole e medie imprese degli altri paesi europei. Inoltre, le PMI italiane trainano la categoria anche in Europa: sul totale delle PMI europee che vendono all’estero i loro prodotti, una su quattro (25,3%) è italiana; quelle tedesche sono il 14,5%; seguono, a distanza, le imprese francesi (7,8%).
Il rapporto CERVED PMI 2017 dice che, nel 2016, per il quarto anno consecutivo, i bilanci delle PMI hanno mostrato chiari segnali di miglioramento con una crescita di ricavi (+2,3%) e di valore aggiunto (+4,1%).
L’andamento ha delle basi finanziarie e reddituali molto solide.
Se nel corso del 2016 tornano a salire debiti commerciali (+1,2%) e finanziari (+1,1%), prosegue anche l’aumento del capitale proprio (+4,9%). Il risultato è un ulteriore rafforzamento della struttura finanziaria delle PMI: oltre la metà delle imprese è classificato infatti come ‘solvibile’.
Questi pochi dati servono per capire che la crescita delle PMI italiane è una certezza nell’economia italiana.
Grazie alla capacità di tanti piccoli e medi imprenditori, molte di queste imprese sono vere e proprie eccellenze, leader nei settori di riferimento, capaci di differenziarsi nel mercato, di conquistare nicchie in Europa e nel mondo.
La creatività, la capacità di fidelizzare i clienti, l’attenzione alla qualità del prodotto, la capacità di adattarsi ai cambiamenti e di innovare sono alcuni dei tratti caratterizzanti delle PMI.
Tutto questo non annulla, ovviamente, i rischi legati ad un investimento, ma contribuisce a garantire quella solidità cercata dagli investitori.
Per quanto riguarda il rendimento, nel 2017 gli indici di borsa dove più sono presenti le PMI quotate hanno registrato performance positive. Nei primi sei mesi, l’indice della small cap è cresciuto di oltre il 27%, l’AIm Italia di circa il 25%, il Ftse Italia Star di quasi il 28%.
Ovviamente non è detto che l’andamento continui ad essere così positivo, ma, considerando la solidità del settore, questi dati possono essere letti con ottimismo.
Alla solidità e alle buone performance del settore delle PMI, i PIR aggiungono un ulteriore vantaggio, ovvero le agevolazioni fiscali previste dal legislatore, che ha annullato le imposte sul capital gain e sulla successione.