Il boom dei PIR, che da inizio anno hanno attirato l’interesse di migliaia di risparmiatori, ha portato alcuni osservatori a definirli come il “fenomeno” del 2017.
Il successo non era scontato. Seppure in altri Paesi, come Francia e Gran Bretagna, questi strumenti siano ampiamente utilizzati da tempo, in Italia sono una vera e propria novità in ambito finanziario. La reazione, da parte dei risparmiatori, poteva essere dunque di diffidenza o scetticismo rispetto a strumenti con una storia più consolidata.
I vantaggi per i risparmiatori
I numeri della raccolta del primo anno parlano invece di un’accoglienza entusiastica, perché ci sono alcuni vantaggi che conferiscono ai Pir un certo appeal e che ne hanno decretato, per ora, il successo.
Le agevolazioni fiscali
Il principale punto di forza dei Pir è rappresentato dai vantaggi fiscali.
Il legislatore ha previsto l’esenzione totale dalle imposte sulle rendite finanziarie e sulle plusvalenze di capitale, che, normalmente, vanno da un minimo del 12,5% ad un massimo del 26%.
Per beneficiare di questo vantaggio bisogna mantenere l’investimento per 5 anni.
Inoltre, in caso di trasferimento mortis causa, gli eredi non pagheranno l’imposta di successione.
L’esenzione fiscale è un incentivo molto forte. Rispetto ad altri veicoli d’investimento, infatti, il rendimento dei Pir non viene eroso dalle imposte, ma arriva per intero a chi ha investito.
Certamente il vantaggio fiscale non basta, da solo, a rendere conveniente l’investimento nel Pir. C’è da considerare, infatti, che ci sono i costi (apertura, commissioni) per la gestione dell’investimento. Inoltre, chi decide di chiudere il Pir prima dei 5 anni, pagherà per intero l’imposta del 26% sulla plusvalenza.
Secondo i più critici, il rischio è che i costi e le penali possano annullare il beneficio dell’esenzione dall’imposta del 26%.
Ovviamente, quando si sceglie di investire, bisogna bilanciare costi e benefici, e questo vale non solo per i Pir.
Per altro, se confrontiamo i Piani individuali di risparmio con tutti gli altri strumenti finanziari, si può dire che tutti sono accomunati dai costi per la gestione e dalle penali in caso di uscita anticipata rispetto ai termini contrattuali, mentre, per ora, solo i Pir hanno una l’agevolazione fiscale su rendite e plusvalenze.
Questo aspetto rende i Piani individuali di risparmio vantaggiosi per chi vuole valorizzare i propri accantonamenti.
Opportunità anche per i piccoli risparmiatori
La platea di possibili interessati ai Pir è potenzialmente molto ampia.
Sono adatti ai grandi investitori. Il legislatore ha previsto che l’investimento non possa superare i 150.000 euro nei 5 anni, ma questo plafond vale per ogni singolo codice fiscale. Un nucleo familiare di 3 persone ha complessivamente a disposizione un plafond di 450.000 euro.
La vera novità, che può spiegare l’interesse di molti risparmiatori, è però la possibilità di investire da 500 a 30.000 euro all’anno.
Questa possibilità ha aperto le porte ad un’ampia platea di persone e famiglie che, in questi anni, hanno tenuto i loro risparmi sul conto corrente, non trovando alternative alla loro portata.
Secondo i critici, la necessità di mantenere l’investimento per 5 anni penalizza, in realtà, chi non può contare su risorse in caso di emergenza, andando quindi a premiare i risparmiatori con una buona disponibilità patrimoniale, che possono avere dei risparmi “paracadute”.
Tuttavia, la flessibilità nella scelta del capitale da investire (possono bastare 500 euro all’anno) e la possibilità di rateizzare i versamenti danno la possibilità di costruire il proprio Piano su misura, bilanciando esigenze di investimento e necessità di attrezzarsi per affrontare spese impreviste.
Il vantaggio di un investimento nell’economia reale
Uno dei motivi per cui le famiglie italiane hanno preferito mantenere i propri risparmi sul conto corrente è il timore per la volatilità dei mercati.
I Pir danno la possiblità di investire sulle Pmi italiane, ossatura del tessuto economico del Paese.
Al di là dell’ideale patriottico, che pure ha un suo valore, guardando sul lato dell’investimento, le Pmi sono realtà dinamiche, reattive e spesso leader nei rispettivi mercati con forte vocazione all’esportazione.
Sono società che possono cogliere le opportunità offerte da nicchie specifiche di mercato, hanno bassa correlazione con il ciclo economico domestico, spesso sono frutto di storie di eccellenza e operano in situazioni di non elevatissima concorrenza a livello globale.
Queste caratteristiche dovrebbero dare un minimo di stabilità all’investimento.
Ovviamente esistono dei rischi, che possono essere comunque mitigati con la diversificazione. Non dimentichiamo che il legislatore ha previsto l’obbligo di non investire più del 10% del Pir in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente.