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Coefficienti di trasformazione della pensione: dal 2021, importi più bassi

Per chi andrà in pensione a partire dal 1° gennaio 2021, si applicheranno i nuovi coefficienti di trasformazione. Questo comporterà una riduzione dell'assegno mensile rispetto a chi lascia il lavoro entro il 2020.

L’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione della pensione è una procedura prevista per adeguare l’importo dei vitalizi all’aspettativa di vita, con l’obiettivo di mantenere in ordine i conti pubblici.

Se l’adeguamento consente di mantenere in equilibrio il sistema pensionistico, il lavoratore tuttavia perde una quota dell’assegno rispetto a chi è andato in pensione, con gli stessi requisiti, in periodi precedenti.

Perché i coefficienti vengono aggiornati

Il coefficiente di trasformazione è un valore che concorre al calcolo della pensione con metodo contributivo. In sostanza, è il valore che, applicato al montante contributivo, consente di “spalmarlo” per tutto il periodo di quiescenza con l’assegno mensile.

I coefficienti variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui va in pensione. Maggiore è l’età, più elevati risulteranno anche i coefficienti di trasformazione, perché minori sono gli anni che dovranno essere coperti dall’erogazione del vitalizio.

Proprio per il loro legame con l’età anagrafica, i coefficienti vengono periodicamente rivisti in modo da risultare coerenti con l’aspettativa di vita calcolata dall’Istat.

L’adeguamento influisce sulla quota contributiva della pensione e riguarda perciò un’ampia platea di persone. Si applica, infatti:

  • a chi non è in possesso di contribuzione al 31 dicembre 1995;
  • a chi esercita l’opzione di calcolo per il sistema contributivo;
  • a chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995;
  • a chi ha almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 ed ha anzianità contributive accreditate dopo il 31 dicembre 2011.

I coefficienti di trasformazione della pensione “tagliano” l’assegno

Il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 1° giugno 2020 ha rivisto i coefficienti di trasformazione che determinano la quota contributiva della pensione per il biennio 2021-2022. Si tratta del quinto aggiornamento dall’introduzione del sistema contributivo avvenuta con la Riforma Dini del 1995, dopo quelle del 2010, 2013, 2016 e 2019.

I nuovi coefficienti fanno registrare una riduzione compresa tra lo 0,33 ed il 0,72% rispetto ai valori registrati nel biennio 2019-2020.
Ad esempio, chi compie i 62 anni nel 2021/2022, si vedrà applicato un coefficiente di 4,77%, contro il 4,79% del 2019-2020. Tornando indietro nel tempo, il divario è più ampio: nel 1996-2009, per la stessa fascia d’età si applicava il 5,514%.

Nella pratica, queste percentuali incidono direttamente sull’assegno mensile. Ad esempio, un montante contributivo di 300.000 euro al 31 dicembre 2020 vale 14.370 euro all’anno, mentre all’1 gennaio 2021 varrà 14.310 euro, 60 euro in meno. Rispetto a chi è andato in pensione nel 2009, il divario sul valore di quel montante (16.542 euro all’anno) è ancora più ampio: in sostanza, in poco più di 10 anni, a parità di età e contributi, l’assegno annuale si è ridotto di 2.000 euro per effetto dell’aspettativa di vita.

Il meccanismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita verrà rifatto periodicamente, per cui già oggi i lavoratori devono essere consapevoli che l’importo della pensione sarà correlato anche all’andamento dell’aspettativa di vita. Tale consapevolezza è la base per potersi attrezzare per colmare il gap rispetto alle pensioni dei predecessori, con soluzioni di gestione del risparmio in ottica previdenziale.

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