Le pensioni dopo Quota 100? Si potrà uscire in anticipo dal mondo del lavoro rispetto ai 67 anni di età necessari per la pensione di vecchiaia, ma si dovrà rinunciare ad una parte della pensione che si maturerebbe con requisiti pieni.
È questo il compromesso a cui si andrà incontro con la nuova riforma previdenziale, per la quale è stato avviato il tavolo di confronto tra Governo e sindacati in vista della fine di Quota 100 che sarà il 31 dicembre 2021.
Pensioni dopo Quota 100: penalizzazioni per chi esce in anticipo
Di fatto il 2021 sarà l’ultimo anno utile per poter accedere all’anticipo pensionistico con 62 anni d’età e 38 di contributi.
Quota 100 è stata un unicum perché, rispetto alle altre forme di anticipo pensionistico, non ha previsto penalizzazioni per i beneficiari. Un taglio del vitalizio c’è stato, perché uscire con qualche anno d’anticipo dal mondo del lavoro significa, infatti, perdere una quota di montante contributivo e rivalutazione che incide poi sull’assegno finale. Si tratta, tuttavia, di una perdita che è legata più a questioni tecniche di modalità di calcolo della pensione che alla volontà del legislatore di contenere la spesa pubblica. La formula di pensione che arriverà dopo Quota 100, invece, prevederà già in partenza una penalizzazione per chi sceglie la strada dell’anticipo.
L’ipotesi che sta avanzando è quella di una soglia di accesso a 64 anni di età, con 37 o 38 anni di contributi. Per ogni anno di anticipo rispetto all’uscita tradizionale, tuttavia, l’ipotesi allo studio prevede che sia applicata una riduzione sull’importo.
Questa penalizzazione si aggiungerà al meccanismo già emerso con Quota 100, ovvero un calo dell’assegno pensionistico legato al mancato versamento di contributi ed alla mancata rivalutazione legata agli anni di anticipo.
Non ci dovrebbero essere penalizzazioni, invece, per chi svolge lavori usuranti. In quel caso, potrebbe essere previsto un anticipo a 63 anni con 36 di contributi.
Spesa pensionistica: nel 2020 tocca la quota record del 17% del Pil
Qualunque soluzione di anticipo post-Quota 100 andrà valutata in base ai conti pubblici, che segnalano un netto peggioramento della spesa per la previdenza.
La Ragioneria generale dello Stato, per il 2020, ha calcolato che il costo per le pensioni ha toccato la quota record del 17% sul Pil: un aumento dovuto agli effetti della crisi per la pandemia ma anche all’aumento di anticipi legati alla sperimentazione triennale di Quota 100.
Rispetto al 2019, si tratta di un rialzo dello 0,8%. Il livello si manterrà alto anche negli anni a venire: sempre la Ragioneria di Stato valuta che la spesa sarà superiore al 16% del Pil fino alla vigilia del 2050.
In questo quadro è maturata anche la scelta di non confermare Quota 100 oltre la sua naturale scadenza e la necessità di introdurre penalizzazioni per chi sceglierà l’anticipo rispetto ai criteri standard. Per per non trovarsi di fronte ad un crollo improvviso del proprio potere d’acquisto con l’uscita dal mondo del lavoro, quindi, sarà sempre più necessario integrare la pensione pubblica con formule di gestione privata dei risparmi in ottica previdenziale.
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