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Risparmi sul conto corrente: in 5 anni, erosi 22 miliardi di euro

É l'effetto dell'inflazione, che riduce il potere d'acquisto di quanto accantonato su conti corrente infruttiferi. Nonostante questa "tassa occulta", ad aprile il volume dei conti corrente ha raggiunto il massimo storico in Italia con 795 miliardi di euro.

L’attitudine delle famiglie italiane a tenere i risparmi sul conto corrente, immobilizzandoli in strumenti che non danno rendimento, non è un fatto nuovo.

Tuttavia, durante l’emergenza Covid-19, questa tendenza si è ulteriormente intensificata, portando ad una crescita consistente di risorse che non danno rendimento e che rischiano anzi di essere ridotte da costi di gestione ed inflazione.  Come riportato da Il Sole 24 ore, ci sono infatti “miliardi di euro che evaporano, in termini di potere di acquisto, e in modo quasi del tutto inosservato”.

Un paradosso, se si considera che, nel frattempo, crescono le incognite sul futuro previdenziale e si riducono le coperture del welfare pubblico. 

Su questo atteggiamento di estrema prudenza pesa molto la scarsa alfabetizzazione finanziaria, che vede l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi Ocse.

Risparmi sul conto corrente: +37,5% in 5 anni

L’articolo che Il Sole 24 Ore ha dedicato a questo tema parte dall’analisi effettuata da Deposit Solutions, piattaforma leader nell’Open Banking per i depositi.

Secondo Deposit Solution, nell’aprile 2020 il volume di conti corrente in Italia ha toccato quota 795 miliardi di euro, il massimo storico, in crescita del 37,5% rispetto al 2015. Di questi, solo una quota minimale, pari al 5%, è dirottata su depositi a termine con un rendimento a scadenza, ancorché limitato.

Almeno il 68%, pari a pari a circa 15.500 euro per ciascun cittadino italiano, giace invece su conti senza interessi.

La tendenza alla prudenza è diffusa anche nel resto d’Europa: sono infatti 3.984 i miliardi affidati a conti corrente, quasi il 50% in più del 22015.

Ci sono però delle differenze tra Paesi. Rispetto all’Italia, solo la Spagna presenta quote più elevate di denaro posteggiato su conti corrente infruttiferi (17.700 euro pro-capite).

Fra gli Stati più “pianificatori” di lungo termine troviamo i Paesi Bassi (82% di depositi a termine), seguiti dalla Francia (67%).

Con l’inflazione, persi 22 miliardi di euro

Le incertezze sul futuro spingono certamente a mettere i risparmi su un conto corrente, accettando l’assenza di rendimento a fronte della possibilità di utilizzare la liquidità in caso di necessità.

Tuttavia, tenere i risparmi sul conto corrente non è a costo zero. Infatti, esistono delle spese di gestione che, seppur minime, non sono compensate da rendimenti e vanno ad erodere i risparmi.

Inoltre, la crescita dell’inflazione, seppur contenuta, riduce il potere d’acquisto delle risorse depositate a tasso d’interesse nullo, riducendone il valore e quindi le potenzialità.

Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore in base allo studio di Deposit Solution, “considerando l’erosione operata dalla pur bassa inflazione di questi ultimi 5 anni (quella che molti chiamano «tassa occulta») la perdita del potere d’acquisto dal 2015 a oggi sarebbe stata infatti di quasi 22 miliardi per i cittadini italiani e addirittura di 123 miliardi quando si considera l’Eurozona nel suo complesso”.

In questo senso, se la scelta di tenere i risparmi sul conto corrente è dettata dalla volontà di potervi accedere liberamente in caso di necessità, la strategia può rivelarsi non corretta, perché le cifre accantonate su conti infruttiferi possono non essere poi sufficienti ad affrontare le spese nel momento del bisogno.

La necessità di avere liquidità di cui disporre può trovare, invece, risposta all’interno di una pianificazione più efficiente e diversificata, che tenga conto delle esigenze delle famiglie nel breve, medio e lungo periodo.

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