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I costi della liquidità: l’erosione dell’inflazione

Gli italiani tendono ad accantonare i risparmi sui conti correnti, pensando che sia la soluzione più sicura. Tuttavia non calcolano l'impatto dell'inflazione, che genera perdite importanti.

Chi crede che accantonare i risparmi sui conti correnti sia la soluzione più sicura non ha fatto i conti con le dinamiche inflattive, che influenzano i costi della liquidità. L’inflazione, infatti, erode il potere d’acquisto, riducendo, in termini reali, il valore dei patrimoni accumulati.

Le perdite possono essere particolarmente rilevanti, soprattutto se pensiamo a quanti miliardi di euro sono depositati sui conti correnti del nostro Paese. Nonostante ciò, secondo l’indagine sul risparmio presentata a fine ottobre da Ipsos per Acri, il 62% degli italiani nel 2018 ha scelto la liquidità. Una percentuale in contrazione, se si pensa che nel 2017 eravamo a quota 67%, ma si tratta comunque di più della metà.

I costi della liquidità: 20 miliardi di euro in fumo

Il patrimonio depositato nei conti correnti nel 2018 è pari a 1.476 miliardi di euro, quasi il valore del Pil prodotto in Italia. In un recente articolo pubblicato sul Sole 24 Ore, è stato calcolato che considerando il tasso di inflazione di settembre, pari all’1,5%, sono andati in fumo ben 20 dei 1.476 miliardi di euro totali. “Una cifra paragonabile quasi a una finanziaria che (quasi) impercettibilmente gli italiani preferiscono perdere – evitando di proteggere il proprio denaro dal rischio inflattivo – piuttosto che assumere un qualche rischio finanziario”, scrive  l’autorevole quotidiano economico finanziario, che, non a caso, parla di un’attrazione “fatale” dei risparmiatori per la liquidità.

L’erosione inflazionistica, non compensata dai rendimenti sui conti correnti che sono vicini allo zero, rende la scelta della liquidità una strategia non sempre razionale. Se consideriamo che, secondo il rapporto sul risparmio Ipsos Acri, il 40% degli italiani ha sperimentato delle difficoltà nel far quadrare tutti i conti ed il 16% ha difficoltà serie a mantenere il proprio tenore di vita, si può pensare che una più efficace gestione dei risparmi potrebbe essere d’aiuto.

L’educazione finanziaria per una migliore gestione dei risparmi

Retaggio culturale, timore di dover affrontare spese future, avversione al rischio insito negli investimenti: sono queste le cause che spingono molti italiani a scegliere di depositare i propri risparmi, senza pensare a soluzioni alternative per gestirli in modo più efficiente e senza considerare i costi inflattivi.
Il 64% degli intervistati, ad esempio, pensa che le regole e i controlli del sistema finanziario a tutela del risparmio siano poco efficaci. Probabilmente, non sono ancora state ben recepite o metabolizzate nell’opinione comune tutte le nuove normative, da MIFID a Solvency, fino all’IDD, avviate dall’Europa proprio per tutelare i risparmiatori.

L’educazione finanziaria è la strada per creare maggiore consapevolezza su rischi reali ed opportunità. Una strada che è tanto più importante perseguire quanto più aumenta la propensione al risparmio. Secondo l’indagine Ipsos-Acri, nel 2018 ben l’86% degli italiani ha dichiarato l’intenzione a risparmiare. Il 39% ci è riuscito effettivamente (2 punti percentuali in più del 2017), mentre diminuiscono coloro che consumano tutto il reddito: sono il 37% contro il 41% del 2017. L’aumento del risparmio lordo delle famiglie (+18% rispetto allo stesso periodo del 2017) è stato riscontrato anche dall’Istat.

In questo quadro, appare sempre più importante fornire a tutti gli strumenti necessari per prendere decisioni consapevoli e razionali, non improntate all’emotivitià, per una gestione davvero efficiente dei risparmi.

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