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Gestione dei risparmi: più polizze e fondi, meno Btp e obbligazioni bancarie

Come cambia la "mappa" del risparmio degli italiani?

La gestione dei risparmi ha subito un’importante metamorfosi negli ultimi anni. In un Paese che tradizionalmente è sempre stato legato ai titoli di stato, emerge un interesse verso altre formule.

In un articolo del Corriere della Sera si fa il punto su come cambia la gestione del risparmio in tempi in cui i rendimenti di Stato sono bassissimi e la fiducia nelle banche è in bilico.

Gestione dei risparmi: più polizze, meno titoli di Stato

Per propensione al risparmio si intende la relazione tra reddito e risparmi: cresce se la persona, soddisfatti i bisogni necessari, tende a tesoreggiare una quota più elevata di reddito. Secondo gli ultimi dati Istat, la propensione al risparmio nel terzo trimestre 2016 è al 9,3%,  sostanzialmente stabile, solo -0,1%, rispetto al trimestre precedente. La lievissima flessione congiunturale della propensione al risparmio rispetto al trimestre precedente, osserva l’istituto di statistica, deriva da una crescita dei consumi finali di poco superiore a quella del reddito disponibile delle famiglie consumatrici (rispettivamente 0,3% e 0,2%).

Quanto valgono e come vengono gestiti questi risparmi? I conti li ha fatti Prometeia, che stima che a fine 2016 le ricchezze finanziarie degli italiani ammontano a 4.051 miliardi.
Il calo dei rendimenti dei Btp, le vicende che hanno coinvolto anche le banche italiane, in primis Mps, hanno portato le famiglie a scegliere nuove formule di gestione dei risparmi. Come si legge nell’articolo, i Btp rappresentano solo il 3% di quei 4 mila miliardi, le obbligazioni poco più del 9%. Fermi anche conti corrente e conti deposito, mentre «sommando i prodotti assicurativi e e i fondi comuni, cioè il variegatissimo mondo dei prodotti a gestione professionale, si arriva al 34,5% del totale». Resta alta anche la liquidità, al 32,3%.

Sottolinea la giornalista, Giuditta Marvelli: «Il significato di questi dati, che possono sembrare soltanto numeri anche un po’ noiosi, è un cambiamento di prospettiva e di costume finanziari. Chi ha un po’ di anni sulle spalle ricorda il tempo in cui bastavano i titoli di Stato per fare quasi tutto. Oggi, anche se i Btp sono tra le emissioni pubbliche europee con i rendimenti più elevati, è impossibile chiedere ai vecchi, cari titoli del Tesoro di tenere al caldo il futuro dei risparmi di famiglia. Per avere più dell’1% bisogna investire in quelli con più di dieci anni di vita».

Consulenza finanziaria: la richiede chi è già informato

Risparmiare implica un sacrificio nel presente a favore di un benessere futuro. Una gestione dei risparmi efficiente dovrebbe, quindi, minimizzare il sacrificio e massimizzare il beneficio. Come si fa? Se l’asse del risparmio si sposta dai tradizionali titoli di stato o conti corrente e a strumenti più complessi, è necessaria una dimestichezza con la materia, che non tutti hanno. Ecco quindi l’importanza della consulenza qualificata, meglio se indipendente, perché dedicata esclusivamente all’interesse dell’interlocutore.

Eppure, secondo la Consob, l’investitore italiano, che non ha cultura finanziaria, nel 60% dei casi sceglie come gestire i propri risparmi in maniera autonoma; solo il 28% degli italiani chiede consiglio a un professionista e il 10% delega un esperto. Il ricorso alla consulenza informale, più frequente tra gli investitori uomini e i lavoratori autonomi, tende ad associarsi negativamente con il livello di istruzione e positivamente con la ricchezza. Il ricorso alla consulenza professionale, invece, cresce al crescere della cultura finanziaria.

Da questo quadro emerge che c’è una platea molto ampia di persone con scarse conoscenze e competenze che deve orientarsi in un mondo, quello della gestione dei risparmi, che sta cambiando volto. Per scegliere soluzioni diverse dai Bpt o dai conti corrente, bisogna avere gli strumenti giusti. Ecco dunque che la consulenza professionale diventa sempre più importante, per evitare di fare errori che possono poi ripercuotersi nel presente (costruire piani di risparmio non sostenibili) o nel futuro (non accantonare risorse sufficienti per i propri progetti).

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