L’assicurazione danni in Italia è ancora scarsamente diffusa. Secondo la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, l’Italia sconta ancora un ampio ritardo rispetto ai maggiori Paesi avanzati in termini di diffusione delle coperture assicurative per i rischi della persona e dei beni.
Assicurazione danni: famiglie e imprese sono sottoassicurate
Secondo un’indagine di Ania, l’Associazione delle imprese assicuratrici, solo il 45% delle abitazioni civili italiane è assicurato per i danni alla proprietà, sia attraverso polizze sottoscritte individualmente sia tramite quelle del condominio. In pratica, più di una abitazione su due è scoperta. In Paesi come Germania, Regno Unito e Francia la percentuale di abitazioni assicurate è doppia e, dunque, le famiglie sono molto più protette dagli imprevisti che possono colpire i propri beni.
La situazione non cambia nel settore delle imprese, soprattutto in quelle di minore dimensione, che rivelano una ridotta propensione a tutelarsi controi rischi tramite una polizza assicurativa: il 15% delle Pmi italiane non risulta coperto neanche dal rischio incendio. Le percentuali si riducono se si considerano le polizze a copertura di rischi più specifici, come i danni indiretti (meno del 5%).
«Secondo le stime di un importante operatore internazionale – ha spiegato Farina in occasione della relazione annuale di Ania – le famiglie e le imprese italiane hanno un deficit di protezione del valore delle proprietà tre volte superiore agli altri Paesi avanzati. Colmare questo ampio ritardo è una priorità poiché renderebbe il Paese più stabile, meno vulnerabile nei confronti di shock esterni».
Ma perché è importante avere un’assicurazione danni? Se la propria casa o impresa viene danneggiata, bisogna far fronte a ingenti spese, e spesso il proprio patrimonio non basta a coprire tutto: si rischia dunque di prosciugare i risparmi di una vita e di dover far ricorso a prestiti. Con un’assicurazione danni, invece, «famiglie e imprese avrebbero i mezzi per ripartire dopo aver subito un danno importante o potrebbero impiegare in maniera più efficiente gli eventuali risparmi disponibili, spesso mantenuti liquidi per far fronte a rischi futuri», commenta Farina.
Calamità naturali: se il welfare pubblico non basta
Capitolo importante nell’ambito delle assicurazioni danni sono le calamità naturali, perché l’intervento dello Stato rischia di essere insufficiente: solo l’Italia, tra i principali Paesi, non ha ancora un sistema pubblico privato per la gestione del rischio catastrofale, in particolare per le abitazioni.
Secondo l’Ania, numerose analisi condotte a livello internazionale evidenziano come negli ultimi anni, su scala mondiale, il numero dei disastri naturali sia aumentato e sia cresciuto il relativo impatto economico a causa della loro maggiore intensità distruttiva. Dal 1980 ad oggi, a livello mondiale, l’ammontare medio dei danni da calamità naturali, calcolato su un arco temporale decennale, è passato a circa 50 a più di 200 miliardi di dollari. In parallelo, il valore dei danni assicurati è cresciuto da 10 a 60 miliardi di dollari.
Il territorio italiano presenta, al suo interno, zone che mostrano un’alta esposizione ai disastri naturali di larga scala. Da recenti indagini risulta, ad esempio, che il 45% della popolazione e il 50% delle imprese vive e opera in zone a elevato rischio di alluvione; due terzi dei comuni si trova in zone a rischio terremoto e un’analoga percentuale di fabbricati è costruita senza criteri antisismici.
«Il sistema di copertura dei danni catastrofali adottato in Italia – spiega Farina – ha fatto sì che fosse sostanzialmente il settore pubblico a coprire i grandi danni avvenuti nel Paese, danni che ammontano ogni anno, in media, a circa 3 miliardi di euro. Questo ha determinto uno sviluppo contenuto del mercato privato. In particolare, mentre risultano abbastanza diffuse le coperture contro alcuni grandi rischi per le aziende, è molto contenuta – anche se in crescita – la diffusione delle coperture per le famiglie. La riforma del sistema risulta un’assoluta necessità proprio per renderlo più moderno, più equo e più efficiente. L’adozione di un modello misto, pubblico-privato, comporterebbe benefici di portata generale: maggiore certezza, rapidità e trasparenza nei risarcimenti, un minore onere per le finanze pubbliche, un’attenzione maggiore per le misure di prevenzione del rischio».
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