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Visite domiciliari e prima assistenza: gli obblighi del medico di base?

Una delle lamentele dei cittadini in merito alla sanità pubblica riguarda la scarsa disponibilità del medico di base a effettuare visite a domicilio.

Secondo il nuovo rapporto PiT Salute del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, al secondo posto delle segnalazioni degli utenti c’è la grave situazione dell’assistenza territoriale (15,6%, in lieve aumento rispetto all’anno precedente). In particolare, le critiche riguardano l’assistenza ricevuta da medici di base e pediatri di libera scelta (il 25,7% delle segnalazioni, +2,3%), soprattutto perché i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione.

Ma quali sono gli obblighi di un medico di base in merito alle visite domiciliari?

Medico di base: c’è l’obbligo alle visite a domicilio?

In generale, il medico di base ha il compito di redigere ricette per chi richiede analisi, visite specialistiche o prescrizioni di farmaci e può eseguire sia certificati gratuiti, come quelli di malattia per i lavoratori o di idoneità alle attività sportive dei giovani, sia a pagamento, come quelli a fini assicurativi o di invalidità o per attività fisica non agonistica.
Inoltre ha il compito di prescrivere proposte di ricovero o cure termali.

Di norma, l’attività del medico si svolge nel suo studio, l’ambulatorio. La visita domiciliare è una richiesta legittima solo in caso di “non trasferibilità” dell’ammalato, ovvero se il paziente è talmente in un cattivo stato di salute da non poter andare in studio.

Comunque, se le condizioni del paziente sono tali da impedirgli di muoversi, il medico è tenuto ad effettuare visite domiciliari:

  • nella stessa giornata, quando la richiesta perviene entro le ore 10;
  • entro le 12 del giorno successivo, quando invece la richiesta perviene dopo le ore 10.

Il sabato o nei giorni prefestivi il medico non è tenuto a svolgere attività ambulatoriale, ma deve eseguire le visite domiciliari richieste entro le ore 10 dello stesso giorno e quelle non ancora effettuate, richieste dopo le ore 10 del giorno precedente.

Il nodo sta tutto in quel concetto di “non trasferibilità”. La legge, infatti, non entra nei particolari. Per la sua generalità, dunque, presta il fianco alla libera interpretazione e all’analisi caso per caso, in base a fattori  come l’età e le condizioni generali di salute della persona.

Per quanto riguarda gli orari di apertura degli ambulatorio, c’è l’obbligo di effettuare almeno 5 ore settimanali di ambulatorio, se il medico di base ha meno di 500 assistiti; almeno 10 ore settimanali se ne ha tra 500 e 1000; un minimo di 15 ore settimanali se ha più di 1000 pazienti.

Gli orari di apertura e chiusura dello studio sono gestiti in autonomia dal medico; ogni variazione di orario dovrà essere comunicata all’Asl entro 30 giorni dall’avvenuta modifica.

Le visite domiciliari del medico di base si pagano?

Se è rispettato il requisito della “non trasferibilità” dell’ammalato, le visite domiciliari  sono gratuite.

Il paziente, tuttavia, può chiedere al proprio medico di base una visita a casa anche se le condizioni non sono gravi da non potersi muovere. In questo caso, però, il medico può chiedere un compenso per la prestazione.
Secondo la Cassazione, infatti, quando la visita a domicilio non è indispensabile, diventa una visita “privata”, ed il medico può effettuarla come libero professionista, per cui può richiedere il pagamento.

Si pagano, invece, visite ambulatoriali (15 euro) o domiciliari (25 euro) se ci si rivolge ad un medico di base che non sia il proprio.

Le segnalazioni dei cittadini: esigenza di maggiore assistenza?

Che il rapporto tra pazienti e medici di base sia cambiato è un dato di fatto. Mentre in passato c’era una fiducia totale, oggi, complici una serie di fattori, sono molte le critiche rivolte al medico di famiglia, che rappresenta il primo livello di assistenza sanitaria.

Il limite della “non trasferibilità” lascia adito ad interpretazioni diverse. Un raffreddore può essere avvertito come un ostacolo a lasciare il proprio appartamento per un paziente, ma non per un medico. Nascono così incomprensioni che alimentano la sfiducia.

Come si diceva, secondo il Rapporto PiT salute di Cittadinanzattiva, il medico di famiglia è l’oggetto di buona parte delle lamentele effettuate al Tribunale per i diritti del malato. Una situazione non nuova, già registrata nel 2013. «Tanti cittadini, attraverso le loro segnalazioni, ci restituiscono un’immagine del medico di famiglia come poco collaborativo e disposto a dedicare tempo e dare informazioni, distante da quel fondamentale ruolo di prima interfaccia con il mondo della Sanità. Altre lamentele riguardano la poca disponibilità alle visite domiciliari e la difficoltà a ottenere prescrizioni di farmaci ed esami: a volte, però, si tratta di segnalazioni che nascono dalla scarsa conoscenza di quello che è davvero tenuto a fare», dice Valeria Fava, consulente Progetto Integrato Salute di Cittadinanzattiva.

La conseguenza del senso di sfiducia degli utenti diventa l’intasamento del Pronto Soccorso, a cui ci si rivolge anche inappropriatamente, in ogni circostanza. E’ stato spesso annunciato un ripensamento del sistema, con una riorganizzazione del lavoro per dare risposte a tutte le richieste. Nel frattempo, è possibile un’ulteriore forma di assistenza? La sanità integrativa prevede soluzioni che consente di accedere ad un’assistenza anche domiciliare di medici ed infermieri.

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