Ecco perché è bene sapere cosa sono il reddito minimo ed i minimali contributivi, quali sono le regole e per chi valgono.
La premessa è che, con il sistema di calcolo contributivo, la pensione dipende esclusivamente dal reddito maturato negli anni di lavoro. Ogni anno, ciascuno deve versare alla sua cassa una percentuale del suo reddito, in base alle aliquote prestabilite. Quanto viene versato serve non solo per formare il montante contributivo, che poi ci ritroveremo quando andremo in pensione, ma anche per maturare anni di contributi, che serviranno poi per raggiungere il minimo dei 20 richiesti per andare in pensione.
La logica è che di debba essere un certo equilibrio tra quanto si versa e quanto poi si percepirà.
Se per i dipendenti, che normalmente hanno retribuzioni definite da contratti nazionali, non si pongono particolari problemi, lo stesso non si può dire per gli autonomi e per gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps, che hanno redditi “flessibili”. Il rischio, per loro, è che quello che versano sia troppo poco per garantire una pensione dignitosa. Ecco, dunque, che spunta il reddito minimo ed i minimali contributivi.
Calcolo della pensione per gli autonomi: reddito minimo
Il reddito minimo riguarda i lavoratori autonomi, titolari di imprese, che sono responsabili per il versamento della propria contribuzione.
Artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni, mezzadri, sono lavoratori autonomi che, come sanno i diretti interessati, hanno proprie gestioni in ambito Inps, che fanno parte in ogni caso di quella che è chiamata Ago, Assicurazione generale obbligatoria
Per loro è stato definito un reddito minimo, che è un valore soglia su cui vanno pagati i contributi previdenziali (contributo minimo obbligatorio), indipendentemente dal fatto che il reddito effettivo, accertato ai fini fiscali, sia al di sotto di questa soglia. Questo vuol dire che non si può versare al di sotto di una certa cifra, quale che sia il reddito effettivo dichiarato al fisco e che, dunque, esiste un minimo contributivo sulla base di un reddito minimo convenzionale.
Il reddito minimo varia di anno in anno, e si ottiene moltiplicando per 312 il minimale giornaliero di retribuzione da utilizzare per il calcolo dei contributi in favore degli operai dei settori artigianato e commercio ed aggiungendo al prodotto l’importo di € 671,39. Nel 2014 la “nuova” soglia che incontriamo è fissata a quota 15.516 euro.
Il minimale contributivo annuo del 2014 è così determinato:
- artigiani titolari di qualunque età e coadiuvanti/coadiutori di età superiore ai 21 anni: euro 3.451,99;
- artigiani coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni: euro 2.986,51;
- commercianti titolari di qualunque età e coadiuvanti/coadiutori di età superiore ai 21 anni: euro 3.465,96;
- commercianti coadiuvanti/coadiutori di età non superiore ai 21 anni: euro 3.000,48.
Se il reddito d’impresa, invece, supera il reddito minimale devono essere versati i contributi eccedenti il minimale (o contributi a percentuale).
I minimali contributivi per la Gestione Separata dell’Inps
Come chiaramente riportato sul sito dell’Inps, gli iscritti alla Gestione Separata dell’Inps versano solo sul reddito effettivamente percepito e all’aliquota contributiva prevista. A differenza di quanto avviene nelle Gestioni Artigiani e Commercianti, non esiste quindi un reddito minimo su cui versare obbligatoriamente.
Tuttavia il reddito minimo degli autonomi, che per il 2014 è di circa 15.000 euro, è assunto come valore di riferimento per la determinazione della copertura contributiva, ovvero:
- se nell’anno si consegue un reddito almeno pari a quello minimale, sul quale quindi viene versata la relativa contribuzione, si ha diritto alla copertura contributiva completa di 12 mesi;
- in caso contrario i mesi di copertura sono contratti in proporzione ed accreditati a decorrere dal mese di gennaio, indipendentemente dal mese o dai mesi dell’anno in cui i compensi vengono percepiti.
La copertura contributiva si determina, arrotondando sempre per difetto, con il seguente calcolo: mesi di copertura contributiva = importo versato: (contributo dovuto sul minimale / 12). Non vanno considerate le cifre decimali, quindi, ad es., i valori 3,1 e 3,9 daranno luogo sempre e solo a 3 mesi di copertura contributiva.
Massimali contributivi
Forse in pochi lo sanno, ma esistono anche dei massimali contributivi, che sono l’opposto dei minimi: oltre un reddito soglia, in pratica, non si pagano contributi previdenziali. Questo vuol dire, ovviamente, che i soldi percepiti oltre il massimale non concorreranno a formare la pensione.
Per gli autonomi il “massimale di reddito imponibile” è pari al limite minimo maggiorato dei 2/3: nel 2014 è pari a 76.718 euro. Per gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps e, in generale, per tutti coloro che hanno cominciato a svolgere l’attività dal primo gennaio 1996 il massimo è uguale a quello dei dipendenti: 100.123 euro lordi annui nel 2014.
Pensioni: quali prospettive per gli iscritti alla Gestione separata?
Secondo i dati forniti da Il Sole 24 ore, nella Gestione separata rientrano circa 1,3 milioni di “atipici” che spaziano dai collaboratori occasionali o a progetto agli associati in partecipazione. Il 20% degli iscritti sotto i 30 anni: oltre 233mila persone, per lo più collaboratori a progetto (150mila) che guadagnano anche 5mila euro in media l’anno. In oltre un caso su tre i giovani non riescono ad accreditare nemmeno un mese di contributi, mentre circa il 44% accantona da uno a cinque mesi. E, in più, il costo dei versamenti è aumentato nel corso degli anni. All’avvio, nel 1996, era previsto un contributo del 10% sul reddito e un assegno finale calcolato in base al cosiddetto metodo contributivo puro (equivalente ai contributi versati rivalutati secondo l’andamento del Pil). Nel periodo seguente, con il fine nobile di incrementare la copertura pensionistica, l’aliquota è stata aumentata, arrivando oggi – per la maggior parte dei lavoratori – al 28,72% e raggiungerà il 33,72% nel 2018.
Dall’altra parte, gli autonomi sono più tutelati, perché quello che versano è sempre sufficiente a garantire un anno di contribuzione. Dall’altro lato, però, sono costretti a versare un certo ammontare anche quando non hanno raggiunto neanche il reddito soglia. E, visto che il metodo di calcolo è il contributivo, la prospettiva è di ricevere come pensione, dopo tanti sacrifici, la metà del reddito.
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