Per rispondere a queste domande, il Governo, già nel 1995 con la riforma Dini, aveva ipotizzato di introdurre la famosa busta arancione, che ha lo scopo far conoscere il sistema di calcolo della propria pensione e la stima dell’importo, in modo che i lavoratori abbiano il tempo, eventualmente, di fare due conti e optare per formule di previdenza integrativa.
Sapere quando e con quanto si andrà in pensione non è una cosa secondaria!
Abbiamo provato a stilare una breve guida al calcolo della pensione dell’Inps, cercando di renderla il più semplice possibile. Non parleremo di leggi né della storia delle riforme previdenziali, ma solo di ciò che davvero serve per orientarsi nel mondo della previdenza, con diversi gradi di approfondimento.
Abbiamo individuato quattro punti:
- il sistema di calcolo da utilizzare base all’età contributiva;
- una descrizione per linee generali del metodo di calcolo contributo e retributivo;
- un’analisi di come funzionano entrambi i metodi;
- un prospetto riepilogativo.
Calcolo della pensione: 1995, l’anno spartiacque
Prima regola da tenere presente: il sistema di calcolo della pensione cambia a seconda dell’anzianità contributiva maturata al 1995.
L’anzianità contributiva è, semplificando, l’insieme di tutti i periodi di lavoro in cui si sono pagati i contributi.
Questo dato è fondamentale per sapere quale sistema di calcolo bisogna applicare. Ci sono tre casi:
- chi al 31 dicembre 1995 ha almeno 18 anni di anzianità contributiva: si applica il sistema misto. La pensione sarà calcolata con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 2011, con il metodo contributivo dall’1 gennaio 2012 fino alla cessazione dell’attività lavorativa;
- chi al 31 dicembre 1995 ha meno di 18 anni di anzianità contributiva: si applica il sistema misto. Il calcolo avviene con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 1995, con il metodo contributivo dall’1 gennaio 1996 alla cessazione dell’attività lavorativa;
- chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995: la pensione viene calcolata interamente con il metodo contributivo.
Per sapere in quale caso si rientra con esattezza, consigliamo di prendere carta e penna e fare la somma di tutti i periodi in cui si sono versati i contributi prima del 1995. Se si arriva a 18 e passa anni, si rientra nel primo caso; con meno di 18 anni, nel secondo. Ovviamente, per il terzo caso non serve fare nessun conteggio: basta ricordare se si è entrati nel mondo del lavoro dopo il 1995.
Due metodi di calcolo: i principi dei metodi contributivo e retributivo
Il calcolo della pensione con il metodo contributivo
Partiamo da illustrare il metodo contributivo, quello con cui i lavoratori dovranno prendere sempre più famigliarità, perché destinato nel tempo a restare l’unico utilizzato.
Il principio è semplice: nel corso dell’attività lavorativa si accantonano dei contributi, che costituiscono il montante contributivo, e che, quando si cesserà l’attività lavorativa, verranno restituiti un po’ alla volta, in base all’aspettativa di vita.
Il calcolo della pensione con il metodo retributivo
Ancora per qualche anno, però, si sentirà parlare di metodo retributivo, che prevede che la pensione sia una certa percentuale della media degli ultimi 10 o 15 stipendi. Questo metodo, cioè, non tiene conto di quanto il lavoratore ha realmente versato alla cassa di previdenza nel corso della sua vita, ma gli consente di mantenere lo stesso tenore di vita raggiunto a fine carriera.
Va da sé che il metodo retributivo è largamente più favorevole al pensionato, perché dipende dal livello di reddito degli ultimi anni e si sa che, a fine carriera, si percepisce mediamente di più che all’inizio.
Con la spesa previdenziale alle stelle, si è deciso di cambiare rotta: i pensionati percepiranno quanto realmente hanno versato durante gli anni lavorativi.
Calcolo della pensione: come funzionano il metodo contributivo e il metodo retributivo
Andiamo ora più nel dettaglio per capire come funzionano i due metodi usati per il calcolo della pensione. Attenzione: qui entriamo nello specifico dei procedimenti di calcolo. Per seguire meglio il ragionamento, si consiglia di munirsi di carta e penna e un po’ di pazienza. Chi non è interessato può anche saltare questa sezione, ma suggeriamo di provarci, perché è solo “sporcandosi le mani” che si capisce meglio la logica dei metodi.
Metodo contributivo
Occorre innanzitutto calcolare il montante contributivo.
Per ottenerlo bisogna prendere il reddito imponibile di ogni anno lavorativo, rivalutato per il tasso di crescita del Pil (media della variazione nei 5 anni precedenti, dato fornito dall’Istat).
A questo, si applica una percentuale (l’aliquota di computo) che varia a seconda del tipo di lavoro che si svolge:
- 33% per i lavoratori dipendenti;
- 20% per i lavoratori autonomi;
- dal 17% al 27% per i lavoratori parasubordinati.
Abbiamo così i contributi annui. Sommandoli, abbiamo il nostro montante contributivo.
Ora bisogna moltiplicare questo valore per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica che si ha al momento della decorrenza della pensione. Questo valore è pubblicato sul sito dell’Inps, ed è aggiornato annualmente in base all’aspettativa di vita.
Viene fuori così l’importo annuale della pensione. Per conoscere l’entità dell’assegno pensionistico mensile, bisogna dividere per 13.
Il metodo retributivo
Se, a livello di principio, il metodo retributivo è facilmente comprensibile, il calcolo vero è proprio è davvero molto complicato.
La prima cosa da sapere è che la pensione col metodo retributivo è composta da due parti: la quota A, che riguarda l’anzianità contributiva fino al 31 dicembre 1992; la quota B, che tiene conto dell’anzianità contributiva dall’1 gennaio 1993.
Innanzitutto, occorre avere una serie di informazioni:
- i coefficienti di calcolo per il periodo ante 1992 e il periodo post 1992, forniti dall’Inps;
- i coefficienti di rivalutazione delle retribuzioni, che vengono forniti dall’Inps;
- il totale delle settimane lavorative, che sono l’unità di misura del calcolo;
- le retribuzioni pensionabili dell’ultimo decennio, per i dipendenti, o degli ultimi 15 anni per i lavoratori autonomi.
Per calcolare la quota A, si parte dalle retribuzioni degli ultimi 5 anni di lavoro (10 per i lavoratori autonomi), rivalutate in base ai coefficienti di rivalutazione. Si sommano e si ottiene così il montante contributivo per la quota A.
Ora dobbiamo dividere il montante per 260 (il numero di settimane in 5 anni, 560 per i lavoratori autonomi), per ottenere la Media retributiva settimanale dell’ultimo quinquennio.
Si calcola ora il numero delle settimane contributive dal primo giorno di lavoro al 31 dicembre 1992.
Si moltiplica la Media retributiva settimanale per il numero di settimane contributive.
Il valore ottenuto viene moltiplicato per il coefficiente del calcolo delle pensioni. Il risultato diviso per 13 ci dà la Quota A della nostra pensione.
Per la quota B, il procedimento è analogo, ma cambiano gli anni da tenere in considerazione per la media delle retribuzioni. Dobbiamo infatti considerare i redditi degli ultimi 10 anni di lavoro (15 per gli autonomi), rivalutati in base ai coefficienti di rivalutazione. Li sommiamo e otteniamo così il montante contributivo per la quota B. Dividiamo il montante per 520 (il numero di settimane in 10 anni, 776 per gli autonomi), per ottenere la Media retributiva settimanale dell’ultimo decennio.
Si calcola ora il numero delle settimane contributive dall’1 gennaio 1992 all’ultimo giorno di lavoro.
Si moltiplica la Media retributiva settimanale per il numero di settimane contributive. Il valore ottenuto viene moltiplicato per il coefficiente del calcolo delle pensioni. Il risultato viene diviso per 13 per ottenere la quota B.
A questo punto, sommando i due valori ottenuti abbiamo la pensione lorda mensile.
Seguendo questi procedimento, dati alla mano, puoi avere una stima dell’importo della pensione. Per avere il dato esatto, il suggerimento è di rivolgersi ad un professionista, sempre aggiornato sulle normative.
Riepilogo
Ora abbiamo un’idea di come funzionino i due metodi di calcolo della pensione, il contributivo e il retributivo.
Riepilogando:
per chi al 31 dicembre 1995 ha almeno 18 anni di anzianità contributiva, la pensione si calcola con il sistema misto, ovvero metodo retributivo fino al 31 dicembre 2011 più metodo contributivo dall’1 gennaio 2012 fino alla cessazione dell’attività lavorativa. L’assegno è quindi una somma di Quota A più Quota B del retributivo, e la Quota Contributiva, calcolata sui contributi versati dall’1 gennaio 2012;
per chi al 31 dicembre 1995 ha meno di 18 anni di anzianità contributiva si applica il sistema misto. Il calcolo avviene con il metodo retributivo fino al 31 dicembre 1995, con il metodo contributivo dall’1 gennaio 1996 alla cessazione dell’attività lavorativa. L’assegno è dato quindi dalla Quota A più Quota B del retributivo, più la Quota Contributiva misurata sui contributi versati dal 1996;
per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995, la pensione viene calcolata interamente con il metodo contributivo.
In un mondo ideale, dovrebbe naturale per un lavoratore conoscere esattamente l’importo, in ogni fase della sua vita. Nella pratica, riforma dopo riforma, sono state introdotte tante e tali variabili, da rendere tutto molto complicato.
Conoscere a quanto ammonta la propria pensione per tempo è fondamentale per avere la possibilità di integrare eventuali lacune con soluzioni di previdenza complementare. E’ sempre possibile, comunque, rivolgersi a dei professionisti, per avere un’idea precisa anche delle formule di integrazione della pensione.
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